IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Provvedendo sulla richiesta di archiviazione del p.m. pervenuta il 30 maggio 1990; Atteso che, ancora una volta, nella concreta fattispecie, la stessa non potrebbe trovare accoglimento per i motivi di cui alla pregressa ordinanza 10 novembre 1990, che disponeva ulteriori indagini preliminari (ovviamente specificandole) tramite audizione testimoniale e c.t.u. medico-legale (nuova c.t.u.); Poiche' il caso in esame e' sostanzialmente identico (o per lo meno affine) ad altri gia' presentatisi di recente, in cui il p.m. ha ritenuto superflue e ridondanti dette ulteriori indagini, ritenendo quindi contestualmente di non dovere espletare detto supplemento e di essere "coltierato" all'espletamento ma non anche "vincolato"; Poiche' in tal modo viene ad essere snaturato il ruolo decisorio di cui all'ordinanza 10 novembre 1990, svuotata quindi di ogni contenuto se a svuotarla puo' essere l'atteggiamento-volonta' discrezionale-unilaterale del p.m. che si richiama, a giustificazione del proprio orientamento, ad indagini preliminari svolte sotto l'imperio dell'abrogato codice di procedura penale relativamente a procedimento ove il g.i. ha disposto la restituzione degli atti al p.m. ex art. 258 delle disp. att. del nuovo c.p.p., trattandosi di procedimento in corso diverso da quelli indicati negli artt. 241 e 242, il quale procedimento, in corso, diverso da quelli indicati negli artt. 241 e 242, prosegue con l'osservanza delle disposizioni del nuovo c.p.p., ma a questo specifico proposito i termini per le indagini preliminari sono computati dalla data di entrata in vigore del codice, e quindi cio' non osta, in nessun caso, come sembra implicitamente sottintendere il p.m., ad ulteriori indagini commissionate ex art. 409, n. 4, del nuovo c.p.p.; Poiche' riguardo a quest'ultima norma non puo' lo scrivente che ribadirne la formulazione letterale "a seguito dell'udienza, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al p.m., fissando il termine indispensabile per il compimento di esse", formulazione che si ritiene ancora una volta vincolante, contrastando il concetto di facolta' con quelli di "ritenuta necessita'", di "indicazione" (prescrizione) di "fissazione del termine indispensabile per il compimento", tutti, atti cogenti; Poiche' trattasi di autentica "inottemperanza-inerzia processuale", globale o parziale che sia il discorso non muta, sia pure ovviamente motivata dal p.m. sulla base di altra interpretazione giuridica; Poiche' un'ordinanza ex art. 409 n. 4) non inficia affatto, contrariamente a quanto affermato dall'a.g. requirente, il principio ispiratore del nuovo modello processuale (cioe' il formarsi della prova in esclusiva sede dibattimentale) ma costituisce semplice attuazione della volonta' del legislatore di un controllo da parte del giudice per le indagini preliminari sull'effettivo esercizio dell'azione penale da parte del p.m. ex art. 112 della Costituzione, che rimane a tutti gli effetti obbligatoria ed irrinunciabile, controllo gia' radicato nel nostro ordinamento giuridico e gia' esercitato dal g.i. tramite l'art. 6 del d.l.l. 14 maggio 1944, n. 288, in sede di modificazione dell'originario art. 74 abrogato c.p.p. che configurava l'archiviazione da parte del p.m. unilaterale atto dispositivo da parte di un magistrato sostanzialmente sganciato dall'ordinamento giudiziario, esercente l'azione penale in modo discrezionale, sottoposto alla p.a. - potere esecutivo - Ministero di grazia e giustizia, poi proseguito con il gia' detto art. 112 della Carta costituzionale, controllo ben compatibile con il principio di civilta' giuridica ne procedat index ex officio, compatibilita' quindi tanto nel precedente modello processuale accusatorio quanto nell'attuale sistema tendenzialmente accusatorio (tuttavia soltanto parzialmente dispositivo), compatibilita' che sussiste pienamente in quanto tanto con la modifica dell'art. 74 del vecchio c.p.p. (decreto di archiviazione o disporsi in alternativa la formale istruzione) quanto con il complesso meccanismo di cui all'art. 409 nn. 2), 3), 4) e 5) il giudice non procede d'ufficio (come il suo collega predecessore del medioevo o dell'evo moderno), non intacca il principio di civilta' giuridica di separazione del ruolo dell'accusa dal ruolo del giudicante, ma provvede su richiesta esclusiva della parte p.m. (parte pubblica titolare della pubblica accusa); Rilevato che il "formarsi della prova nel dibattimento", presuppone che al dibattimento si sia pervenuti, mentre il nuovo c.p.p., nell'intento di incoraggiare la "deflazione dibattimentale", ha inteso discernere fra prove (o elementi di prova) da utilizzarsi nella mera fase delle indagini preliminari (quindi con validita' endoprocessuale) e prove utilizzabili al dibattimento, consentendo fra l'altro in via eccezionale la raccolta anticipata di prove, per ragioni d'urgenza, non rinviabili al dibattimento, e come tali aventi valore legale in detta sede (es.: incidente probatorio, intercettazioni telefoniche), ragioni per cui ben puo' accadere che il procedimento si concluda nella fase delle indagini preliminari; Atteso che la lettera del 409 differenzia e scandisce nettamente l'ipotesi in cui il g.i.p. delibera non accogliersi la richiesta di archiviazione proposta dal p.m. (passaggio obbligatorio ove appunto non s'intenda disporne l'accoglimento di cui al primo comma) (al secondo comma la detta ipotesi) dalle altrettanto distinte ipotesi ( sub 4 e 5; nella prima si dispone il supplemento di indagini all'esito del quale il p.m. o riformulera' su vecchie e nuove basi la richiesta di archiviazione o chiedera' il rinvio a giudizio, nella seconda il g.i.p. prescinde dal detto supplemento, non lo ritiene necessario ed ordina direttamente al p.m. di formulare tecnicamente il capo d'imputazione, formulazione che la prassi, nel parziale silenzio della norma, affida ovviamente al g.i.p. che la condivide e non al p.m. che non la condivide, un po' come avveniva nel provvedimento del g.i. che disponeva in dissenso con il p.m. il procedersi nella forma dell'istruzione formale; v. la formulazione testuale della norma "Fuori del caso previsto dal quarto comma il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il p.m. formuli l'imputazione", ipotesi che comunque presuppongono entrambe la premessa di cui al secondo comma); Poiche' un conto e' che il p.m. ritenga ex art. 125 delle disp. att. del nuovo c.p.p. di presentare al giudice la richiesta di archiviazione quando ritiene l'infondatezza della notizia di reato "perche' gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio" un conto e' che a questa opinione, richiesta corrisponda necessariamente un provvedimento del g.i. di accoglimento, ed al riguardo l'eventuale supplemento di indagini verra' utilizzato o per una ben piu' sicura archiviazione o per un futuro rinvio a giudizio (in sede di udienza preliminare), e verra' comunque utilizzato per acquisire eventuali ulteriori elementi, in sede appunto di indagini preliminari, idonei a sostenere l'accusa in giudizio (giudizio che dontempla in primo luogo l'udienza preliminare con un ormai autentico imputato, e soltanto eventualmente l'udienza dibattimentale, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal p.m., il rinvio a giudizio in sede di udienza preliminare puo' ben concludersi anche con una sentenza di non luogo a procedere, richiesta o meno dal p.m.); Poiche' di fatto il ragionamento del p.m. si presenta, oltreche' erroneo nei presupposti, viziato da antistoricita' giuridica in quanto sembra concepire una mera antitetica alternativa fra due fattispecie astratte che si escludono a vicenda (o decreto di archiviazione o ordine di formulare l'imputazione) trascurando totalmente il tertium genus (ulteriori indagini preliminari, all'esito della quale o archiviare o ordinare la formulazione del capo d'imputazione), e cio' nel momento in cui la Corte costituzionale con recentissima giurisprudenza ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 554, secondo comma del nuovo c.p.p. laddove nel giudizio di Pretura dispone e contempla la detta antitesi senza consentire al g.i.p. pretorile di disporre il detto supplemento; Poiche' comunque la centralita' della questione verte sull'interpretazione delle vistose lacune dell'art. 409, non colmabili in via esegetico-interpretativa-giurisprudenziale, a fronte di inerzia processuale del p.m. (che omette puramente e semplicemente di ottemperare all'ordinanza, salva l'eventualita' di evocazione delle indagini da parte della procura generale ex art. 412, secondo comma, ipotesi meramente facoltativa e non certo obbligatoria come nella ipotesi di cui alla stessa norma primo comma laddove l'avocazione con decreto motivato scaturisce ex lege dal fatto oggettivo del mancato esercizio dell'azione penale da parte del p.m. o della mancata richiesta di archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, ipotesi ben differente da quella in esame perche' addirittura si colloca sul piano (almeno in astratto, salvo giustificazioni "a posteriori ed in concreto" es. l'eccessivo carico di lavoro e la scarsita' dell'organico della procura) disciplinare, mentre nella concreta fattispecie il p.m. fa sua una certa interpretazione di diritto, ritenendo facoltativo l'ottemperare al disposto suplemento di indagini; motivando (sia pure erroneamente) il suo rifiuto di espletare dette ulteriori indagini appunto nel predetto modo); Poiche', in verita', avendo comunque il p.m. di grado inferiore adempiuto all'obbligo essenziale di presentare al giudice, nei termini prescritti, le proprie richieste, l'"inerzia" si configura in modo, come gia' detto e come si ribadisce, tecnicamente differente e qualitativamente peculiare; Poiche' comunque, ad ogni modo, ne' l'archiviazione ne' il rinvio a giudizio sono mai atti dovuti, dovendosi pervenire agli stessi, da parte del giudice, sempre e soltanto sulla base della valutazione dei concreti elementi di prova acquisiti dal p.m. nel corso delle indagini preliminari; Non potendosi al riguardo accogliere la riduttiva e contraddittoria interpretazione che, a fronte di omessa ottemperanza del p.m. all'ordinanza del g.i.p., concepisce la possibilita', per l'organo giudiziario non ottemperante, di richiedere o il rinvio a giudizio, sulla base delle stesse acquisizioni che giustificarono, in precedenza, o per lo meno che indussero il detto p.m. a domandare l'archiviazione (con la prospettiva che, presumubilmente, il giudice, provvedera' in udienza preliminare ai sensi dell'art. 422 primo comma) ovvero reiterare, sempre ovviamente sulla base delle originarie acquisizioni, la richiesta di archiviazione, eventualmente con nuove motivazioni, e la altrettanto conseguente possibilita' che il giudice, ove non ritenga di accogliere tale nuova richiesta, potrebbe, a sua volta, previa fissazione di nuova apposita udienza in camera di consiglio ex artt. 127 e 409, n. 2) del nuovo c.p.p., o reiterare l'ordinanza di effettuazione di nuove indagini preliminari o invitare il p.m. (gia' tecnico "ordinare" al p.m.) a formulare l'imputazione, nella prospettiva di provvedere successivamente, in questo caso, nel contesto dell'udienza preliminare, ai sensi del cit. art. 422, primo comma; dovendosi rifiutare detta interpretazione perche' involuta e tautologica, addirittura un ossequio ad un certo spreco delle sinergie processuali, in quanto mescola con disinvoltura caratteristiche proprie della fase delle indagini preliminari (quale quella in cui ci troviamo) con caratteri propri della fase intermedia fra l'avvenuta chiusura delle indagini preliminari e la fase (oltretutto meramente eventuale) dibattimentale (linea di demarcazione l'udienza preliminare), il primo momento che vede il procedimento in senso lato (il cui soggetto e' l'indagato-indiziato, cioe' la persona sottoposta alla fase delle indagini preliminari), il secondo momento che vede il procedimento stricto sensu (processo) (il cui soggetto e' l'autentico imputato); Poiche' altrettanto la riferita interpretazione vincola la liberta' di decisione del giudice, obbligandolo o all'archiviazione o al rinvio a giudizio in sede di udienza preliminare, dovendo egli comunque attivare il meccanismo di cui al 422, primo comma, meccanismo aleatorio perche' le parti potrebbero restare inerti e non recepirlo, mentre una nuova udienza camerale ed una nuova ordinanza ex art. 409, quarto comma, sarebbero elementi superflui e ridondanti perche' detto cammino e' gia' stato percorso in origine, senza successo (il p.m. potrebbe per l'ennesima volta non ottemperare all'ordinanza); Ribadito che grazie a tale involuto e contorto meccanismo procedurale tanto l'archiviazione quanto il rinvio a giudizio finalizzato all'udienza preliminare diverrebbero atti dovuti ed automatici, perdendo il loro carattere autenticamente giurisdizionale; Constatata per l'ennesima volta la gia' piu' volte lamentata lacunosita' dell'art. 409, n. 4) laddove non prevede specifiche de- terminate conseguenze procedurali all'esito della detta inottemperanza da parte del p.m. e constatata, allo stato degli atti, l'impossibilita' del g.i.p. di provvedere in difetto di quelle ulteriori indagini preliminari che egli ha a suo tempo ritenuto "necessarie ed indispensabili")quindi irrinunciabili ai fini decisori; Poiche' a questo proposito, specifico proposito, il problema tecnico-giuridico potrebbe trovare idonea corretta soluzione in sede di riformulazione dell'art. 412, secondo comma, del nuovo c.p.p. rendendo l'avocazione da parte del p.g. meccanismo obbligatorio, e non piu' facoltativo, nella ipotesi in cui appunto, gia' ricevuta dal p.m. di seconda istanza la comunicazione prevista dall'art. 409, terzo comma, ogni situazione di ipotesi-incertezza sia superata dalla constatata perdurante inottemperanza da parte del p.m.; Attenendo la concreta fattispecie alla violazione, in tema di art. 409, n. 4) e di art. 412, secondo comma, degli articoli 2, 3 e 97 (buon andamento-efficienza organizzativa dei pubblici uffici giudiziari che si collocano nell'ambito della p.a. - amministrazione della giustizia) e 101, secondo comma della Costituzione (i giudici sono soggetti soltanto alla legge) quest'ultimo nel senso che a questo punto il giudicante trovasi assoggettato al p.m. a.g. requirente; Essendo le riferite questioni, rilevabili d'ufficio iussu iudicis, non manifestamente infondate e rilevanti nel corrente giudizio per la gia' detta impossibilita' di decidere allo stato degli atti; Poiche' da ultimo va detto, a chiarimento della presente motivazione, che l'evocazione d'obbligo ad opera del p.g. lascerebbe intatto il merito della singola questione giuridica e l'autonomia di giudizio del p.m. di 2a istanza subentrante al rinunciatario p. m. di 1ยบ grado e che all'esito dello svolto supplemento di indagini preliminari il detto p.g. potrebbe ovviamente esprimersi liberamente o per l'archiviazione (come originariamente richiesto dall'altro p.m.) o per il rinvio a giudizio in sede di udienza preliminare ex artt. 416 e segg. del nuovo c.p.p., cosi' come in detta ultima sede sarebbe libero di concludere o per il detto rinvio (nella opportuna sede dibattimentale) o per il non luogo a procedere ed altrettanto libero sarebbe il g.i.p. di fare la sua valutazione, e all'esito delle nuove indagini, e all'esito dell'udienza preliminare; Poiche' quindi la rimozione en lege del distorto meccanismo di cui all'art. 412, secondo comma del nuovo c.p.p. lascerebbe introdotta la figura del p.m., non giudice ma a tutti gli effetti magistrato appartenente all'ordine giudiziario, che gode ex art. 107, quarto comma, della Costituzione delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giuridiziario, ed al quale la legge assicura l'indipendenza ex art. 108, secondo comma, della Carta costituzionale, stante altresi' l'art. 190 ordinamento giuridiziario che definisce la magistratura, unificata nel concorso di ammissione, nel tirocinio e nel ruolo di anzianita' e distinta relativamente alle funzioni giudicanti e requirenti etc., figura che viene ad essere ribadita dall'art. 326, del nuovo c.p.p. secondo cui il p.m. e la polizia giudiziaria svolgono, entrambe nell'ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale e dall'art. 358, dello stesso cod. stando al quale il p.m. compie ogni attivita' necessaria ai fini indicati nell'art. 326 e svolge altresi' accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini (fattore quest'ultimo ben determinante), essendo quindi e rimanendo il p.m. "parte processuale" ma essendo al tempo stesso "parte imparziale" collocata dalla legge su un piano ben differente da quello delle parti private, una parte che continua a privilegiare, come sotto l'imperio dell'abrogato c.p.p., l'accertamento della verita' materiale e non formale e ad esercitare una funzione di richiamo al rispetto formale e sostanziale della legge, che non si esaurisce nel concetto di pubblica accusa, essendo la cultura della giurisdizione non limitata ai soli giudici (magistratura giudicante) ma patrimonio dell'intera magistratura (requirente compresa);